Azar Nafisi
Leggere
Lolita a Teheran è impegnativo, e con questo intendo sia leggere il libro di
Nabokov in Iran sia leggere il libro di Nafisi qui in Italia…almeno per me.
È impegnativo perché affronta in maniera quasi accademica la lettura di alcune opere: Lolita di Nabokov, Il Grande Gatsby di Fitzgerard, Daisy Miller di Henry James ed Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen; ma anche perché racconta della situazione in Iran, dall’ascesa di Khomeini a seguito della rivoluzione islamica, passando per le feroci rivolte in strada e la guerra con l’Iraq fino ad arrivare al 1997, anno nel quale l’autrice lascia il paese.
La storia
dell’Iran la conoscevo già, ma raccontata in questo modo è molto incisiva.
L’autrice narra i suoi anni passati in Iran durante questo lasso di tempo. Nafisi nasce in Iran, studia in America e ritornata in Iran dopo la carcerazione del padre. Sono anni in cui il Paese affronta un cambiamento epocale, in poche parole la perdita progressiva dei diritti e della libertà (soprattutto per le donne) come conseguenza della salita al potere degli integralisti islamici.
Nafisi è una
docente universitaria nel dipartimento di letteratura inglese e prova ad
allargare gli orizzonti dei suoi studenti attraverso i grandi classici.
Ad un certo
punto stanca delle pressioni che deve subire per poter insegnare lascia
l’università ma continua a parlare di letteratura e di libertà con un gruppo di
ragazze che vede tutti i giovedì mattina a casa sua.
La cosa che
fin dalle prime pagine mi ha colpito è la descrizione della svestizione che
queste ragazze fanno quando entrano a casa della professoressa. Il regime le
costringe ad andare in giro completamente coperte con la veste scura e il velo
che lascia scoperto solo l’ovale del volto, quando arrivano a casa della
professoressa (alcune di loro) si spogliano di veste e velo e si trasformano
mostrando colori, jeans, capelli ricci, orecchini, smalto per le unghie…in
poche parole si mostrano, si rivelano come esseri umani complessi. In quel
luogo esistono.
Azin, Yassi,
Sanaz, Mitra, Mashid, Manna, Ava, Mozhgan, Nassrin, Nima e la professoressa
Nafisi cercano uno spazio, un luogo, un momento in cui poter esistere
nonostante tutto quello che il regime impone. Riescono ad orientarsi in questa
apocalisse, a trovare i pezzi per sopportare e sopravvivere grazie alla
letteratura e alla magia intrinseca dei racconti che ti permettono di vivere
altrove e allo stesso tempo di capire meglio il contesto in cui vivi. Per
sopravvivere devono prendersi gioco della loro infelicità e lo fanno attraverso
l’arte e la letteratura, che non è un lusso ma una necessità.
La natura
umana per sopravvivere è portata ad abituarsi a tutto. Ci si abitua alla violenza,
al velo, alla privazione della libertà, alle esecuzioni, alle confessioni
pubbliche di crimini mai commessi. La letteratura serve ad astrarsi e a
guardare il mondo con occhi diversi.
Sono di
generazioni diverse e tanto sono cambiate le cose tra la giovinezza della
professoressa e la giovinezza delle ragazze. La generazione della professoressa
ha perso qualcosa, erano diventate “esuli nel proprio paese. Ma avevano un
passato da paragonare al presente. Avevano ricordi ed immagini di ciò che era
stato portato via”. La generazione delle ragazze parlava di cose che non aveva
mai visto e “del vento che non avevano mai sentito sulla loro pelle. I loro
ricordi erano fatti di desideri
irrealizzati, di cose che non avevano mai avuto”. Questo è un punto cruciale, e
non è il semplice confronto tra le generazioni, ma rende bene l’idea dello
stravolgimento che nel giro di pochissimi anni si è avuto in Iran. Dà l’idea di
come la politica abbia influenzato qualsiasi sfera della vita, non solo quella
sociale ma anche quella privata, quella intima, quelle delle relazioni e degli
affetti e anche quella sessuale ed amorosa.
Un quesito
fa dà padrone fin dall’inizio: andare o restare? Dando per scontato che ci
voglia tanto coraggio sia ad andare, che a restare, cosa è più giusto fare?
Qualsiasi
sia la scelta l’Iran non ti lascia.
Bisogna che
le parole di queste 375 pagine si depositino per un po’ di tempo prima di
esprimere un giudizio sul libro. E adesso che si sono depositate il mio
giudizio è che è proprio un bel bel libro.
Lascia tanto non solo a livello di conoscenze ma è anche un monito per le coscienze.
La ricetta deve assolutamente ricordare la Persia. A me l’ha ricordata questo delizioso pollo allo zafferano.
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