Giulia Ciarapica
Le protagoniste di questo libro sono due donne, due sorelle, Giuliana e Annetta. Completamente diverse una dall’altra. Annetta spirito libertino ed indipendente, autonoma e un po’ autoreferenziale, capelli alla maschietto e 500 rossa, senza dubbio la mia preferita. Giuliana low profile, madre di tre figli, moglie di Valentino, chignon cotonato, molto forte, in alcuni casi anche distaccata e fredda…
Ma aspetta, adesso che scrivo, che sintetizzo tutto nella mia testa e lo rendo parole scritte, mi viene in mente che forse più di loro, più di questi personaggi ben descritti, che ti rimangano nel cuore, il protagonista è il territorio, è il paese di Casette D’Ete che si trasforma nel corso di questi 20 anni (dal 1945 al 1965). Nel ’45 il paese è sofferente, la guerra ha impoverito tutti, ha reso difficile la vita quotidiana, ma nel corso degli anni Casette si riprende, mostra a tutti la sua forza.
Gli scantinati dove venivano fatti gli zoccoli diventano vere e proprie fabbriche, dove vengono ideate e realizzate scarpe innovative e di tendenza, i proprietari diventano imprenditori, la vita si stravolge, arriva il benessere degli anni ’60, le automobili, i bei vestiti. Giulia Ciarrapica riesce bene a descrivere questo processo e questo progresso parlando delle fabbriche di scarpe e della loro evoluzione.
Tra mastice, tomaie, pelli, aghi, chiodi e martelli viene raccontata la vita di Annetta la ribelle, di Giuliana la determinata, di Valentino, di Rita etc..
È Valentino, ormai novantaduenne (ai giorni nostri) ad introdurre il racconto nel prologo. Marito di Giuliana, ex fidanzato di Annetta, imprenditore coraggioso, proprietario di una fabbrica di scarpe per bambini (insieme alla moglie), un marito poco fedele ma ugualmente innamorato.
Racconta una storia che si interrompe bruscamente nel 1965, lasciandoti con tanta curiosità e delle domande: ma è destinato a continuare? Scriverà un prologo? cosa devo immaginare di queste vite? E Rita? Ma soprattutto Gianna?
Mi è piaciuto, mi è piaciuto molto, mi è piacito il significato del titolo che si ispira ad una frase di Mae West, la quale compare all’inizio del libro “Si vive una volta sola. Ma se lo fai bene, una volta è abbastanza”. Mi è piaciuto leggere i dialoghi in dialetto, ci sta benissimo la musicalità del dialetto marchigiano tra queste pagine, sarà che ci sono molto affezionata, sarà che ho imparato a conoscerlo e lo ascolto con piacere, come direbbero nelle Marche “speremo che non finisce cuscì”.
Nel frattempo mi consolo con un panino al ciavuscolo, ci sta proprio bene con questa lettura.
Vai alla ricetta .